Il rapporto aeroilluminante serve per verificare che un alloggio sia adeguatamente illuminato e ventilato.
Ma come si calcola?
Per garantire il nostro benessere e allo stesso tempo far sì che un edificio resti sempre in buone condizioni, è indispensabile che determinati ambienti abbiano la giusta illuminazione naturale e la ventilazione adatta, risultato che si ottiene quando le aperture presenti sono proporzionate all’ampiezza della stanza.
Qui entra in gioco il cosiddetto rapporto aeroilluminante, un parametro fondamentale da tenere in considerazione sia in caso di nuove costruzioni, sia per le ristrutturazioni o lavori di modifica ad ambienti già esistenti.
Rapporto aeroilluminante (R.A.I.): definizione e normativa
Il rapporto aeroilluminante viene determinato dalla relazione tra la superficie della finestra e la superficie del pavimento di un locale. Si divide in:
- rapporto illuminante: che considera le sole superfici di vetro dell’infisso, attraverso le quali filtra luce naturale;
- rapporto aerante: considera le superfici delle finestre apribili, dalle quali quindi potrebbe passare aria.
Il valore di riferimento fissato per questo rapporto può variare a seconda della destinazione d’uso dell’edificio. Ad esempio, per alcuni immobili (solo in casi particolari ma quasi sempre per spazi commerciali) è concesso che non siano garantite né ventilazione né illuminazione naturali, ma che queste siano fornite da dispositivi artificiali.
Uno dei valori minimi del rapporto aeroilluminante più diffusi previsti dai vari regolamenti edilizi per le abitazioni private è quello di 1/8 (0,125), che può variare e arrivare ad esempio anche a 1/10 per alcuni ambienti particolari, come le mansarde.
Ma cosa dice nello specifico la normativa?
Il Decreto Ministeriale del 5 luglio 1975, stabilisce che
“Tutti i locali degli alloggi, eccetto quelli destinati a servizi igienici, disimpegni, corridoi, vani-scale e ripostigli, devono fruire di illuminazione naturale diretta, adeguata alla destinazione d’uso. Per ciascun locale d’abitazione, l’ampiezza della finestra deve essere proporzionata in modo da assicurare un valore di:
- fattore luce diurna medio non inferiore al 2% (conosciuto anche come FLDm, cioè il rapporto percentuale tra l’illuminazione di un ambiente chiuso e l’illuminamento esterno ricevuto nelle medesime condizioni di tempo e luogo);
- la superficie finestrata apribile non dovrà essere inferiore a 1/8 della superficie del pavimento“.
Adesso che abbiamo fatto riferimento alla normativa, è bene specificare però che norme regionali, strumenti urbanistici e regolamenti edilizi comunali possono comunque imporre aspetti e parametri più restrittivi, ad esempio prevedere un’illuminazione naturale diretta anche in locali come quelli esclusi dalla normativa del 1975.
Come si calcola il rapporto aeroilluminante?
Dunque, come abbiamo anticipato, il calcolo del rapporto aeroilluminante si basa sui regolamenti comunali e sui parametri da questi indicati.
Nello specifico, dividendo l’area della finestra per quella totale di un ambiente, il risultato dovrà essere uguale o inferiore al valore determinato dalle norme di riferimento per essere considerato valido.
Facendo un esempio concreto, ipotizziamo di avere una camera da letto di 16 mq, in cui si trovano due finestre di 0,90 m x 1,20 m e che l’abitazione si trovi in un Comune che considera il R.A.I. con il valore standard di 1/8.
I conti da fare sono:
prendiamo la superficie del pavimento (16 mq) e calcoliamo la superficie finestrata utile: 0,90 x 1,20 + 0,90 x 1,20 = 2,16 mq.
Il rapporto aeroilluminante è quindi così calcolato: 2,16 / 16 = 0,135.
Visto che il risultato è superiore a 0,125, cioè il minimo stabilito dalla legge per una stanza con queste caratteristiche, possiamo affermare che il R.A.I. è adeguato.
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