Esplora le regole chiave per mantenere la giusta distanza tra gli edifici e garantire spazi urbani vivibili e sicuri.
Nel vasto panorama dell’edilizia e della pianificazione urbana, la distanza tra gli edifici gioca un ruolo fondamentale in quanto garantisce sicurezza, vivibilità e conformità alle norme.
In particolare, il dubbio sulla distanza da rispettare tra gli edifici può sorgere nel momento in cui, una volta acquistato un terreno, si decide di edificare su questo un immobile ad uso abitativo o meno.
In questo articolo offriamo una panoramica dettagliata sulle distanze minime da rispettare tra le costruzioni, analizzeremo le diverse casistiche e le implicazioni legali che ne derivano.
Cosa prevede la normativa di riferimento?
Innanzitutto devi sapere che le regole sulle distanze minime da rispettare hanno radici profonde e vengono regolate dal D.M. 1444/1968 del Codice Civile (nello specifico dall’articolo 873) e dai vari regolamenti edilizi di ogni singolo Comune.
Quanto riportato all’interno del Codice Civile e dei vari regolamenti edilizi è valido per qualsiasi tipo di costruzione, non solo per gli edifici ad uso abitativo.
Di conseguenza, tutti i fabbricati che hanno caratteristiche di stabilità e permanenza nel tempo dovranno rispettare quanto previsto dalla Legge, compresi quindi magazzini, box auto e altri immobili diversi dalle abitazioni.
In tutti questi casi la Legge è chiara e stabilisce che le costruzioni su fondi confinanti devono obbligatoriamente rispettare una distanza minima di almeno 3 metri, fatta eccezione per le costruzioni unite o aderenti.
Il rispetto di questa distanza minima permette infatti di evitare pericolose intercapedini, che potrebbero mettere a rischio le persone, e di favorire il passaggio di luce e aria evitando la creazione di aree poco salubri.
Diverso è il caso di villette a schiera e palazzi in contesti urbani: trattandosi di edifici uniti o aderenti, la Legge ammette la loro costruzione senza la necessità di rispettare la distanza minima qui sopra riportata.
Quando rispettare una distanza minima superiore ai 3 metri? I casi particolari
Ci sono poi alcune sfumature di questa normativa a seconda delle caratteristiche degli edifici in cui la distanza minima da rispettare è maggiore di 3 metri:
- in presenza di edifici con pareti finestrate;
- in presenza di deroghe approvate a livello locale;
- per gli edifici all’interno di una zona sismica.
Nel primo caso, quello degli edifici con pareti finestrate, la distanza minima da rispettare aumenta notevolmente e diventa di 10 metri.
Perché questa differenza? La ragione in questo caso è di tipo pratico.
Infatti, definendo una distanza minima di 10 metri si vuole garantire che arrivi sufficiente luce e aria agli ambienti interni, ma anche tutelare la privacy degli occupanti.
È necessario specificare però che questo caso particolare si applica soltanto agli edifici di nuova costruzione, agli edifici già esistenti ma soggetti a demolizione e ricostruzione e in caso di ampliamenti, addizioni volumetriche e sopraelevazioni.
La stessa distanza di 10 metri è permessa anche se il fabbricato che si intende costruire si trova all’interno di una zona sismica, a prescindere dalla presenza di pareti finestrate.
La seconda casistica particolare dipende prettamente da alcune deroghe approvate a livello comunale che optano per una via di mezzo: 5 metri, un compromesso per bilanciare lo sviluppo urbano con le esigenze di vivibilità.
Violazioni e conseguenze
Oltre ad essere rischioso, ignorare le norme sulle distanze può avere conseguenze piuttosto severe: si va dalle sanzioni pecuniarie alla demolizione dell’opera.
Conoscere a fondo le normative è quindi obbligatorio quando si decide di edificare così da applicarle con precisione, evitare costose controversie legali e garantire la conformità alle norme edilizie.
In questo contesto, il ruolo dei professionisti è fondamentale,guide preziose che ti aiuteranno a navigare tra norme ed eccezioni.
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